Un immagine del rescue disk (disco di ripristino). Questo è un disco contenente un kernel basilare e gli strumenti per il ripristino da disastri nel caso qualcosa rovini il kernel o il blocco di avvio (boot block) del proprio disco fisso. RAWRITE.EXE. È un programma MS-DOS che scriverà il contenuto di un file (come l'immagine di un disco di avvio) direttamente in un dischetto, senza preoccuparsi del formato. Se si intende creare i propri dischetti boot e root da un sistema MS-DOS si ha bisogno solo di RAWRITE.EXE. Se invece si ha accesso a una workstation UNIX dotata di floppy, si possono creare da là i dischetti usando il comando `dd', o anche uno script fornito dal produttore. Si veda la pagina man di dd(1) e si chieda assistenza a un guru UNIX locale. C'è un esempio di uso di dd più avanti in questo documento. Il CD-ROM stesso. Lo scopo del disco di boot è di rendere la propria macchina in grado di caricare il disco di root o di installazione, che a loro volta sono solo dei mezzi per preparare il proprio disco fisso e copiarci dentro porzioni del CD-ROM. Se il proprio CD-ROM è avviabile, si può fare il boot da questo e saltare direttamente alla preparazione del disco fisso. L'installazione in dettaglio Prepararsi per l'installazione

Linux fa un uso più efficace dell'hardware del PC rispetto a quanto ne fanno MS-DOS, Windows o NT, e per questo motivo è meno tollerante verso hardware mal configurato. Ci sono alcune cose che si possono fare prima di cominciare per ridurre le possibilità di essere bloccati da uno di questi problemi. Per prima cosa, si raccolga qualsiasi manuale che si ha del proprio hardware (scheda madre, scheda video, monitor, modem, ecc.) e li si metta in un posto facile da raggiungere. Secondo, si raccolgano informazioni dettagliate sulla propria configurazione hardware. Un modo semplice per farlo, se si usa MS-DOS 5.0 o superiore, è di stampare un rapporto dalla utilità di diagnostica Microsoft mcd.exe (si possono lasciar perdere le parti relative ai TSR, ai driver, alla mappa della memoria, alle stringhe d'ambiente e alla versione del sistema operativo). Tra le altre cose, ciò garantirà informazioni complete e corrette sulla propria scheda video e sul tipo di mouse, che saranno utili nella successiva configurazione di X. Terzo, si controlli la propria macchina per vedere se ci sono problemi di configurazione con l'hardware supportato che potrebbero causare un blocco irrecuperabile durante l'installazione di Linux. Un sistema DOS/Windows che usa dischi fissi e CD-ROM IDE può funzionare anche se i ponticelli (jumper) master/slave dei dischi non sono correttamente impostati. In questo modo Linux non funzionerà! Se si è nel dubbio si controllino tali ponticelli! Si ha qualche periferica hardware che non possiede né ponticelli di configurazione né memoria di configurazione non volatile? Se è così, queste per partire richiedono un'inizializzazione all'avvio attraverso una utilità MS-DOS e possono non essere facilmente accessibili da Linux. Possono avere questo problema CD-ROM, schede audio, schede Ethernet e dispositivi a nastro a basso costo. Potrebbe essere possibile venirne a capo tramite un comando al prompt di avvio; si veda il Linux Boot Prompt HOWTO, per i dettagli. Alcuni altri sistemi operativi permettono la condivisione di un IRQ tra un bus mouse e qualche altro dispositivo. Linux non supporta questa cosa: infatti, se si prova si potrebbe bloccare la propria macchina. Se si usa un bus mouse, si veda il Linux Bus Mouse HOWTO, , per i dettagli. Se possibile, ci si procuri il numero di telefono di un utente Linux esperto che si possa chiamare in caso di emergenza. Nove volte su dieci non ce ne sarà bisogno, ma dà sicurezza averlo. Si tenga conto del tempo per l'installazione. Ci vorranno circa una, due ore su un normale sistema per avere un sistema Linux completamente funzionante. Anche più di tre ore per un sistema dual-boot (hanno una maggiore incidenza di false partenze e blocchi). Creare i dischetti di boot e root

(Questo passo è necessario solo se non si può fare il boot da un CD-ROM). Il proprio CD-ROM di Linux potrebbe contenere un programma d'aiuto che vi guiderà attraverso il processo di creazione dei dischetti di boot, di root e rescue attraverso dei prompt interattivi. Potrebbe essere un programma di installazione MS-DOS (come il programma . Il primo passo sarà di scegliere un'immagine del dischetto di boot che vada bene con il proprio hardware. Se lo si deve fare a mano, generalmente si troverà che o (a) le immagini dei dischi di boot nel proprio CD-ROM sono chiamate in modo tale da aiutare a scegliere quello corretto oppure (b) c'è un file indice lì in zona che descrive ogni immagine. Poi si devono creare i dischetti dall'immagine di boot scelta e opzionalmente dalle immagini dei dischetti di ripristino. Qui è dove entra il gioco il programma MS-DOS RAWRITE.EXE. Si devono avere due o tre dischetti formattati per MS-DOS C:\> RAWRITE Si risponda alle richieste per il nome del file da scrivere e del floppy in cui scrivere (come ad esempio /dev/rfd0, si può usare il comando: $ dd if=bare of=/dev/rfd0 obs=18k Su alcune workstation si deve fornire l'argomento relativo alla dimensioni dei blocchi d'uscita ('l'argomento `obs') appropriato, altrimenti non funzionerà. Se si hanno problemi, la pagina man di dd(1) può essere d'aiuto. Ci si assicuri di usare dischetti nuovi e senza errori. I dischetti non devono contenere blocchi rovinati (bad block). Si noti che non serve far girare Linux o MS-DOS per poter installare Linux. Comunque, l'uso di Linux o MS-DOS rende più facile la creazione dei dischetti di boot e root dal proprio CD-ROM. Se non si ha un sistema operativo nella propria macchina, si può usare Linux o MS-DOS di qualcun'altro solo per le operazioni di creazione i dischetti, e poi usarli per l'installazione sulla propria macchina. Ripartizionare i propri dischi DOS/Windows

In molti sistemi, il disco fisso ha già partizioni dedicate a MS-DOS, OS/2, ecc. Si deve cambiare la dimensione di queste partizioni per poter far spazio a Linux. Se si intende creare un sistema dual-boot, è fortemente raccomandata la lettura di uno o più dei seguenti mini-HOWTO, che descrivono diverse configurazioni dual-boot. DOS-Win95-OS2-Linux mini-HOWTO, . Linux+Win95 mini-HOWTO, Linux+NT-Loader mini-HOWTO, Anche se non direttamente applicabili al proprio sistema, aiuteranno a capire le problematiche coinvolte. da una partizione MS-DOS). In questo caso si usa il ``filesystem UMSDOS'', che permette di trattare una directory della partizione MS-DOS come un filesystem Linux. In questo modo, non si deve ripartizionare il proprio disco. Suggerisco di usare questo metodo solo se il proprio disco ha già quattro partizioni (il numero massimo supportato dal DOS) e ripartizionarlo sarebbe troppo problematico (però il proprio sistema Linux sarà più lento a causa del lavoro addizionale necessario per la traduzione dei nomi dei file). Oppure, se si vuole provare Linux prima di ripartizionare, questo è un buon modo per farlo. Ma nella maggior parte dei casi di dovrebbe ripartizionare, come descritto qui. Se si intende usare UMSDOS, occorre arrangiarsi, non verrà qui documentato in dettaglio. D'ora in poi, si assume di NON usare UMSDOS e che quindi si effettuerà la ripartizione. Una permette di creare, distruggere, ridimensionare e copiare partizioni. Supporta i filesystem ext2, FAT16 e FAT32 e i dispositivi di swap di Linux; supporta anche le etichette per i dischi MS-DOS. Parted è utile per fare spazio per nuovi sistemi operativi, riorganizzare l'uso del disco, copiare dati tra dischi fissi e creare immagini di dischi. È un programma relativamente nuovo, ma si dice funzioni bene e non rovini i dati. Sotto MS-DOS esiste un ripartizionatore non distruttivo di dischi chiamato FIPS. Si veda a . Con FIPS, un ottimizzatore di disco (come il Norton Speed Disk) e un po' di fortuna, si dovrebbe essere in grado di ridimensionare partizioni MS-DOS senza distruggere i dati presenti. Il metodo più vecchio per ridimensionare una partizione, se non si ha uno di questi strumenti di ridimensionamento delle partizioni, è di cancellare la partizione (o le partizioni) e di ricrearle di dimensione minore. Se si usa questo metodo, si deve assolutamente fare una copia di backup per poter salvare i propri dati. Il modo classico per modificare le partizioni è con il programam FDISK. Per esempio, facciamo il caso di avere un disco fisso da 80 mega, dedicato a MS-DOS. Vorremo dividerlo in due: 40 mega per MS-DOS e 40 mega per Linux. Per farlo, si lanci FDISK sotto MS-DOS, si cancelli la partizione da 80 mega e si ricrei una partizione MS-DOS da 40 mega al suo posto. Si può poi riformattare la nuova partizione e reinstallare il proprio software MS-DOS dai backup. 40 megabyte del disco sono lasciati vuoti. Più tardi, si creino le partizioni Linux nella porzione non utilizzata del disco. In breve, si dovranno fare le seguenti cose per ridimensionare partizioni MS-DOS con FDISK: Fare un backup completo del sistema. Creare un dischetto MS-DOS avviabile, usando un comando tipo FORMAT /S A: Copiare i file Riavviare usando il dischetto MS-DOS. Lanciare FDISK, possibilmente specificando il disco da modificare (come Usare le opzioni del menu di FDISK per cancellare le partizioni che si intende ridimensionare. Usare le opzioni del menu di FDISK per ricreare queste partizioni, di dimensioni minori. Uscire da FDISK e riformattare le nuove partizioni con il comando Ripristinare i file originali dal backup. Si noti che FDISK di MS-DOS offrirà l'opzione di creare un ``disco logico DOS''. Un disco logico DOS è semplicemente una partizione logica nel disco fisso. Si può installare Linux in una partizione logica, ma non si deve creare quella partizione logica con l'FDISK di MS-DOS. Quindi, se attualmente si usa un disco logico DOS e si vuole installare Linux al suo posto, si dovrebbe cancellare il disco logico con l'FDSIK di MS-DOS, e (più tardi) creare una partizione logica per Linux al suo posto. Il meccanismo usato per ripartizionare per OS/2 e altri sistemi operativi è simile. Si veda la documentazione di questi sistemi operativi per i dettagli. Creare partizioni per Linux

Dopo aver ripartizionato il proprio disco, è necessario creare partizioni per Linux. Prima di descrivere come farlo, si parlerà delle partizioni e dei filesystem sotto Linux. Fondamenti sulle partizioni

Linux richiede almeno una partizione, per il /usr (si noti che nei sistemi UNIX, per delimitare le directory viene usata la barra diritta (`/') e non la barra inversa (`\')). In questo caso si ha sia un filesystem di root che un filesystem per /usr. Ogni filesystem richiede una sua partizione. Quindi se si usa sia un filesystem di root che uno per /usr, sarà necessario creare due partizioni Linux. Inoltre, molti utenti creano una . Nota: in un sistema dual-boot è possibile, attraverso un piccolo trucco, condividere le partizioni di swap tra Linux e Windows 95. Per i dettagli si veda il Linux Swap Space Mini-HOWTO, . Tranello #1: se si ha un disco EIDE con una partizione che supera i 504MB, il BIOS potrebbe non permettere di fare il boot del Linux lì installato. Quindi si mantenga la propria partizione di root sotto i 504MB. Questo non dovrebbe essere un problema per i controller dei dischi SCSI, che normalmente hanno il proprio BIOS firmware. Per i dettagli tecnici, si veda il Large Disk Mini-HOWTO, . Tranello #2: Si stanno mischiando dischi IDE e SCSI? Allora attenzione. Il BIOS potrebbe non permettere il boot direttamente da un disco SCSI. Dimensione delle partizioni

Oltre alle partizioni di root e swap, si vorranno impostare una o più partizioni per contenere il proprio software e home directory. Mentre, in teoria, si potrebbe far funzionare tutto in una unica grossa partizione di root, praticamente nessuno lo fa. L'avere più partizioni ha diversi vantaggi: Spesso abbassa il tempo richiesto per il controllo dei filesystem al boot. I file non possono crescere oltre i limiti delle partizioni. Quindi si possono usare i limiti delle partizioni come gabbia contro i programmi (come le news Usenet) che vogliono mangiarsi grosse fette di disco, per impedire che si approprino dello spazio necessario per il kernel e il resto delle applicazioni. Se mai si combinerà qualcosa di brutto nel disco, formattare e ripristinare un'unica partizione è meno doloroso che dover rifare tutto da capo. Nei grossi dischi ora disponibili, una buona configurazione di base è di avere un piccola partizione di root (meno di 80 mega), una partizione /usr di medie dimensioni (fino a 300 mega) per contenere il software di sistema e una partizione /home che occupa il resto dello spazio disponibile per le home directory. Si possono fare anche cose più elaborate. Se si sa che si faranno girare le news Usenet, per esempio, si può voler riservare una partizione solo per le news per poter così controllare la massima utilizzazione del disco. O creare una partizione /var per posta, news e file temporanei. Ma nel regime odierno di dischi poco costosi e molto grandi queste complicazioni appaiono sempre meno necessarie per la prima installazione di Linux. Specie la prima volta, si cerchi di mantenere le cose semplici. Avviare il dischetto di installazione

Il primo passo è di fare il boot dal dischetto di avvio che si è generato. Normalmente si sarà in grado di fare il boot senza toccare niente; il prompt di boot del kernel si riempirà da solo dopo 10 secondi. Così è come solitamente si farà il boot da un disco IDE. Quel che realmente succede è questo: il dischetto di boot fornisce un sistema operativo in miniatura che (poiché il disco fisso non è ancora stato preparato) usa una porzione della RAM disponibile come disco virtuale (chiamato, abbastanza logicamente, un `ramdisk'). Il dischetto di boot carica nel ramdisk un piccolo insieme di file e strumenti di installazione che più tardi si userà per preparare il disco fisso e installarci un Linux utilizzabile dal CD-ROM. (In passato questo era un processo a due stadi, nel quale veniva utilizzato anche un secondo disco, detto `dischetto di root' (root disk); ciò è cambiato quando sono stati introdotti i moduli del kernel). Specificando un argomento dopo il nome del kernel, si possono specificare, prima di avviare il kernel di Linux, diversi parametri hardware, come l'IRQ e l'indirizzo del proprio controller SCSI o la geometria del disco. Ciò può essere necessario, per esempio, se Linux non rileva il controller SCSI o la geometria del disco. In particolare, molti controller SCSI senza BIOS richiedono che si specifichi un indirizzo di porta e un IRQ all'avvio. Analogamente, le macchine IBM PS/1, ThinkPad e ValuePoint non salvano la geometria del disco nel CMOS e quindi deve essere specificata all'avvio (più tardi, si sarà in grado di configurare il sistema in modo che fornisca da solo questi parametri). Si presti attenzione ai messaggi durante l'avvio del sistema. Elencheranno e descriveranno l'hardware che rileva la propria installazione di Linux. In particolare, se si ha un controller SCSI, si dovrebbe vedere un elenco degli host SCSI rilevati. Se si vede il messaggio: SCSI: 0 hosts allora non è stato rilevato alcun controller SCSI e a questo punto non c'è modo di dire al kernel dove sta. Inoltre, il sistema mostrerà informazioni sulle partizioni del disco e sui dispositivi rilevati. Se manca qualcuna di queste informazioni oppure non è corretta si deve forzare il rilevamento dell'hardware. D'altra parte, se tutto va bene e sembra che il proprio hardware sia stato rilevato, si può passare direttamente alla sezione seguente, ``Usare il dischetto di root''. Per forzare il rilevamento dell'hardware, si devono inserire i parametri appositi al prompt di boot, usando la seguente sintassi: linux Sono disponibili diversi parametri di questo tipo; nel seguito un elenco di alcuni dei più comuni. I dischetti di boot moderni di Linux spesso offrono la possibilità di vedere, prima di fare il boot, una schermata d'aiuto che descrive alcuni parametri del kernel. hd=cilindri,testine,settori Specifica la geometria del disco. Richiesto per sistemi come IBM PS/1, ValuePoint e ThinkPad. Per esempio, se il proprio disco ha 683 cilindri, 16 testine e 32 settori per traccia, si inserisca linux hd=683,16,32 tmc8xx=memaddr,irq Specifica l'indirizzo e l'IRQ per il controller SCSI senza BIOS Future Domain TMC-8xx. Per esempio, linux tmc8xx=0xca000,5 Si noti che deve essere usato il prefisso 0x per tutti i valori specificati in esadecimale. Ciò è vero anche per tutte le opzioni seguenti. st0x=memaddr,irq Specifica l'indirizzo e l'IRQ per il controller SCSI senza BIOS Seagate ST02. t128=memaddr,irq Specifica l'indirizzo e l'IRQ per il controller SCSI senza BIOS Trantor T128B. ncr5380=port,irq,dma Specifica la porta, l'IRQ e il canale DMA per il generico controller SCSI NCR5380. aha152x=port,irq,scsi_id,1 Specifica la porta, l'IRQ e l'ID SCSI per i controller senza BIOS AIC-6260. Questi includono i controller Adaptec 1510, 152x e la Soundblaster-SCSI. Se si hanno domande su queste opzioni d'avvio, invito a leggere il Linux SCSI HOWTO, che dovrebbe essere disponibile su qualsiasi archivio FTP di Linux (o da dove si è ottenuto questo documento). Lo SCSI HOWTO illustra la compatibilità SCSI di Linux in maggior dettaglio. Scegliere fra l'installazione EGA o X

I vecchi Linux (tra cui Slackware) a questo punto presentavano il prompt di una shell e chiedevano di inserire, in un ordine prestabilito, i comandi di installazione. Ciò è ancora possibile, ma quelli più nuovi partono lanciando un programma di installazione ``orientato allo schermo'' che prova a guidare interattivamente attraverso i vari passi, offrendo pure un sacco di aiuto in linea. Probabilmente verrà offerta l'opzione di provare a configurare X adesso cosicché il programma di installazione possa andare in grafica. Se si sceglie questa strada, il programma di installazione farà domande sul tipo di mouse e monitor posseduti prima di procedere nell'installazione. Una volta installato Linux, queste impostazioni saranno salvate. Più avanti si sarà in grado di regolare le prestazioni del proprio monitor, mentre a questo punto conviene impostare una semplice modalità SVGA 640x480. X non è necessario per l'installazione, ma (ammesso si sia superata la configurazione del mouse e del monitor) molti trovano l'interfaccia grafica più semplice da usare. E poiché prima o poi sicuramente si dovrà configurare X, provare adesso non è una cattiva idea. Si seguano semplicemente le istruzioni nel programma. Vi porterà attraverso i passi necessari per preparare il disco, creare account iniziali per gli utenti e installare i pacchetti software dal CD-ROM. Nelle sottosezioni che seguono si descriveranno alcune delle aree più macchinose della sequenza di installazione come se le si facesse a mano. Ciò dovrebbe aiutare a capire cosa sta facendo il programma di installazione e perché lo fa. Usare Il primo passo dell'installazione una volta avviato il dischetto di root di Linux sarà creare o modificare le tavole delle partizioni nei propri dischi. Anche se prima si è usato FDISK per impostare le partizioni, ora si dovrà rimettere mano alla tabella delle partizioni e inserire alcune informazioni specifiche per Linux. Per creare o modificare partizioni Linux, useremo la versione Linux del programma /dev/hda Primo disco IDE /dev/hdb Secondo disco IDE /dev/sda Primo disco SCSI /dev/sdb Secondo disco SCSI Per esempio, per creare partizioni Linux su primo disco SCSI nel proprio sistema, si userà (oppure il proprio programma di installazione potrebbe generarlo da una scelta in un menu) il comando: cfdisk /dev/sda Se si usa /dev/hda. Per creare partizioni Linux sul secondo disco del proprio sistema, semplicemente si specifichi /dev/hdb (per dischi IDE) oppure /dev/sdb (per dischi SCSI) quando si esegue /dev/hda e una di swap su /dev/hdb. Per poterlo fare semplicemente si esegua /dev/hda è /dev/hda1, la seconda è /dev/hda2 e così via. Se si ha una qualsiasi partizione logica, questa è numerata a partire da /dev/hda5, /dev/hda6 e così via. /dev/hda1 (la prima partizione su /dev/hda) è una partizione DOS di 61693 blocchi. Command (m for help): p Disk /dev/hda: 16 heads, 38 sectors, 683 cylinders Units = cylinders of 608 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 203 61693 6 DOS 16-bit >=32M Command (m for help): Poi, si usi il comando `` Command (m for help): n Command action e extended p primary partition (1-4) p Qui è stato chiesto se si voleva creare una partizione estesa o primaria. Nella maggior parte dei casi si vorranno usare partizioni primarie, a meno che non si abbia bisogno di più di quattro partizioni su un disco. Si veda la precedente sezione ``Ripartizionamento'' per maggiori informazioni. Partition number (1-4): 2 First cylinder (204-683): 204 Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (204-683): +80M Il primo cilindro dovrà essere il primo cilindro libero DOPO la fine dell'ultima partizione. In questo caso, /dev/hda1 termina sul cilindro 203, quindi la nuova partizione deve iniziare al cilindro 204. Come si vede, si è usata la notazione `` Warning: Linux cannot currently use 33090 sectors of this partition Se si vede questo avviso, lo si può ignorare. È il rimasuglio di una vecchia restrizione che imponeva che i filesystem di Linux non potevano superare la dimensione di 64 mega. Comunque, con i tipi di filesystem più recenti, non è più il caso di preoccuparsi... le partizioni possono ora essere grandi sino a 4 terabyte. Si crei poi la partizione di swap da 10 mega, /dev/hda3. Command (m for help): n Command action e extended p primary partition (1-4) p Partition number (1-4): 3 First cylinder (474-683): 474 Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (474-683): +10M Ancora, si veda il contenuto delle tabella delle partizioni. Ci si assicuri di trascrivere da qualche parte le informazioni, specialmente la dimensione di ogni partizione in blocchi. Queste informazioni serviranno più tardi. Command (m for help): p Disk /dev/hda: 16 heads, 38 sectors, 683 cylinders Units = cylinders of 608 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 203 61693 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 204 204 473 82080 83 Linux native /dev/hda3 474 474 507 10336 83 Linux native Si noti che la partizione di swap di Linux (la /dev/hda3) è di tipo ``Linux native''. È necessario cambiare il tipo della partizione di swap a ``Linux swap'' cosicché il programma di installazione la riconosca come tale. Per farlo, si usi il comando `` Command (m for help): t Partition number (1-4): 3 Hex code (type L to list codes): 82 Se si usa `` Passi dopo il ripartizionamento

Dopo aver modificato le tabelle delle partizioni, il proprio programma di installazione dovrebbe darci un'occhiata e offrirsi di abilitare la partizione di swap. Si risponda di sì (viene chiesto, invece di farlo automaticamente, nel caso si abbia un sistema dual-boot e una delle proprie partizioni non Linux assomigli accidentalmente a una zona di swap). Successivamente il programma chiederà di associare nomi di filesystem (come /, /usr, /var, /tmp, /home, /home2, ecc.) con ognuna delle partizioni non di swap che si intende usare. C'è solo una regola veloce e rigida in tutto questo. Ci deve essere un filesystem di root, chiamato /, e dev'essere avviabile. Le altre partizioni di Linux le si può chiamare come si vuole. Ma ci sono alcune convenzioni sui nomi che probabilmente vi semplificheranno la vita più tardi. In precedenza si è raccomandata un'impostazione basilare con tre partizioni: una piccola root, una partizione di medie dimensioni per il software di sistema e una grossa partizione per le home. Tradizionalmente, queste sarebbero chiamate /, /usr e /home. Il controintuitivo nome `/usr' ha le sue ragioni storiche dai giorni in cui i sistemi Unix (molto più piccoli) mettevano il software di sistema e le home directory degli utenti in un unica partizione. Il funzionamento di buona parte del software dipende da questi nomi. Se si ha più di un area per le home directory, è convenzione chiamarle /home, /home2, /home3, ecc. Questo può accadere se si ha più di un disco fisico. Nel mio sistema personale, per esempio, la struttura del filesystem appare così: Filesystem 1024-blocks Used Available Capacity Mounted on /dev/sda1 30719 22337 6796 77% / /dev/sda3 595663 327608 237284 58% /usr /dev/sda4 1371370 1174 1299336 0% /home /dev/sdb1 1000949 643108 306130 68% /home2 Il secondo disco (sdb1) non è realmente dedicato completamente a /home2; non sono mostrate le partizioni di swap di sda e sdb. Ma si può vedere che /home è la più grande area libera su sda e /home2 è l'area utente di sdb. Se si vuole creare una partizione per l'area di scratch, spool, per i file temporanei, le mail e le news, la si chiami /var. Altrimenti, si può creare /usr/var e creare un link simbolico chiamato /var che ci punti (il programma di installazione potrebbe offrirsi di farlo). Installare i pacchetti software

Una volta create le partizioni, il resto dell'installazione dovrebbe essere praticamente automatico. Il proprio programma di installazione (che sia in EGA o X) guiderà attraverso una serie di menu che permettono di specificare il CD-ROM dal quale installare, la partizione da usare e così via. Qui non si entrerà nello specifico di questo stadio di installazione. È una delle parti che varia di più tra le diverse distribuzioni di Linux (tradizionalmente i rivenditori competono per aggiungere valore a questa fase), ma è anche la parte più semplice. E i programmi di installazione sono molto ben documentati e con utili schermate di aiuto. Dopo l'installazione dei pacchetti

Dopo che l'installazione è completa, e se tutto è andato bene, il programma di installazione vi porterà attraverso alcune scelte per configurare il sistema in vista del suo primo avvio da disco fisso. LILO, il LInux LOader

LILO (che significa ``LInux LOader'') è un programma che consente di avviare Linux (e gli altri sistemi operativi, come MS-DOS) dal vostro disco rigido. Può darsi che il programma di installazione chieda di installare LILO sul disco rigido. A meno che non si usi OS/2, si risponda di sì. OS/2 ha delle esigenze particolari, vedi . Installare LILO come loader primario rende inutile l'uso di un dischetto di avvio: ad ogni avvio è possibile dire a LILO quale sistema operativo lanciare. Come creare un dischetto di avvio (facoltativo)

Si può anche avere la possibilità di creare un ``dischetto di avvio standard'' da usare per avviare il sistema Linux appena installato (questo è un metodo vecchio e non molto comodo, che assume che normalmente si avvii il DOS, e si usi il dischetto di avvio per entrare in Linux). Per questo sarà chiesto un dischetto ad alta densità vuoto e formattato per MS-DOS dello stesso tipo che si usa per fare il boot del sistema. Semplicemente si inserisca il dischetto quando chiesto e sarà creato un dischetto di avvio (non è lo stesso usato per l'installazione e i due non possono essere sostituiti l'uno all'altro!). Miscellanea sulla configurazione del sistema

La procedura di post-installazione può anche portare attraverso diversi menu che permettono di configurare il proprio sistema. Questi permettono di specificare il device del proprio modem e del mouse, il fuso orario, ecc. Si seguano le opzioni dei menu. Può essere chiesto anche di creare account utente o di specificare una password per l'account di root (l'amministratore). Non sono cose complicate e si possono semplicemente seguire le istruzioni a video. Avviare il nuovo sistema

Se tutto è andato come previsto, si dovrebbe ora essere in grado di avviare Linux dal disco fisso usando LILO. Alternativamente, si dovrebbe essere in grado di avviare tramite il dischetto di boot (non il dischetto di boot originale, ma il dischetto creato dopo aver installato il software). Dopo l'avvio, si effettui il login come Dopo il primo avvio

Si dovrebbe vedere la richiesta di login del nuovo Linux, appena avviato dal proprio disco fisso. Congratulazioni! Primi passi nell'amministrazione di sistema

A seconda di come sono andate le varie fasi dell'installazione, a questo punto può essere necessario creare account, cambiare il nome dell'host o (ri)configurare X. Ci sono molte altre cose che si possono impostare e configurare, tra i cui dispositivi di backup, le connessioni SLIP/PPP a un fornitore di servizi Internet, ecc. Un buon libro sull'amministrazione di sistema UNIX sarà d'aiuto (suggerisco Configurazione personalizzata di LILO

LILO è un boot loader che può essere usato per scegliere tra Linux, MS-DOS e alcuni altri sistemi operativi all'avvio della macchina. È possibile che la propria distribuzione configuri automaticamente LILO durante la fase di installazione (a meno che non si usi OS/2, questo è quello che si dovrebbe aver fatto). Se è così, si può saltare il resto di questo sezione. Se si è installato LILO come boot loader /etc/lilo.conf. Qui sotto viene presentato un esempio di un file di configurazione di LILO, dove la partizione di root di Linux è su /dev/hda2 e MS-DOS è installato su /dev/hdb1 (sul secondo disco fisso). # Dice a LILO di installarsi come boot loader primario su /dev/hda. boot = /dev/hda # L'immagine di boot da installare; probabilmente non serve cambiarla. install = /boot/boot.b # Sezione per avviare Linux. image = /vmlinuz # Il kernel è in /vmlinuz label = linux # Diamogli il nome "linux" root = /dev/hda2 # Usa /dev/hda2 come filesystem di root vga = ask # Chiedi la modalità VGA append = "aha152x=0x340,11,7,1" # Aggiungiamo queste cose alle # opzioni di avvio per rilevare il controller SCSI # Sezione per avviare MS-DOS other = /dev/hdb1 # Questa è la partizione MS-DOS label = msdos # Diamogli in nome "msdos" table = /dev/hdb # Tabella delle partizioni per il secondo disco Una volta modificato il file /etc/lilo.conf, come /sbin/lilo. Così si installerà LILO sul proprio disco. Si noti che si deve rilanciare /sbin/lilo ogni volta che si compila il proprio kernel in modo da far sì che il boot loader punti a quello giusto (qualcosa di cui adesso non ci si deve preoccupare più di tanto, ma che è bene tenere a mente). Si noti come viene usata l'opzione append in /etc/lilo.conf per specificare i parametri di boot come abbiamo fatto quando si è avviato usando il dischetto di boot. Ora si può riavviare il proprio sistema dal disco fisso. Per default LILO avvierà il sistema operativo che trova per primo nel file di configurazione, che in questo caso è Linux. Per accedere a un menu di avvio, utile per selezionare l'altro sistema operativo, si tenga premuto lo shift o il Boot: Si digiti qui il nome del sistema operativo da avviare (dato dalla riga label nel file di configurazione; in questo caso o linux oppure msdos), oppure si prema FDISK di OS/2 (non quello di Linux) e formattare la partizione come FAT o HPFS in modo che OS/2 la riconosca (ringraziate l'IBM). Per far sì che LILO avvii Linux dal Boot Manager di OS/2, si deve solamente installare LILO nel proprio filesystem di root di Linux (nell'esempio di prima /dev/hda2). In questo caso, il proprio file di configurazione di LILO dovrebbe essere qualcosa del tipo: boot = /dev/hda2 install = /boot/boot.b compact image = /vmlinuz label = linux root = /dev/hda2 vga = ask Si noti la modifica nella riga /sbin/lilo si dovrebbe essere in grado di aggiungere la partizione Linux al Boot Manager. Questa procedura dovrebbe funzionare pure per i boot loader usati da altri sistemi operativi. Questioni legali

Licenza d'uso (in inglese)

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Un sentito ringraziamento va a Matt D. Welsh, l'autore originale di questo HOWTO. Io ho rimosso molto del contenuto specifico per Slackware e ho reindirizzato il resto del documento sull'installazione da CD-ROM, ma una parte sostanziale di quel che ha scritto è ancora presente. La versione 4.1 è stata sostanzialmente migliorata da alcuni suggerimenti di David Shao <dshao@best.com>.